La realtà virtuale (VR) ha vissuto un percorso altalenante dal suo debutto negli anni ’90 fino a oggi. A 30 anni di distanza, mi trovo ancora a interrogarmi sulle sue potenzialità e sui suoi limiti. Nel 1994, con VirtualItalia, ad Alghero nasceva il primo sistema di VR progettato e sviluppato in Italia. L’obiettivo? Rendere la VR accessibile, proprio come il PC aveva reso “volgare” il grande computer. Gli amici Gavino Sini e i fratelli Gianni e Mauro Crabuzza furono tra i visionari imprenditori che diedero vita a questa idea futuristica, investendo nella tecnologia quando ancora era solo una promessa.
VirtualItalia era basato su una tecnologia innovativa per l’epoca: il processore Intel 486 DX2. Con un casco chiamato “Morgana”, capace di una visione a 360 gradi e un sistema di tracciamento per un’esperienza immersiva, la tecnologia sembrava in anticipo sui tempi. Lo scopo era rendere la VR un’esperienza non solo per esperti e ricercatori, ma per tutti. Tuttavia, quella promessa di massa si è rivelata difficile da mantenere.
Articolo estratto dalla rivista K, anno VI n.4, dell’aprile 1994
La tecnologia VR ha compiuto passi da gigante, ma ci sono ancora barriere significative: costo dell’hardware, esperienza d’uso limitata dalla praticità dei visori e dalla motion sickness, e una mancanza di contenuti coinvolgenti per il grande pubblico. Nonostante gli investimenti, l’adozione su larga scala è lontana, confinata a nicchie come gaming, addestramento e arte.
Un esempio recente di applicazione della VR è lo spettacolo “Segnale d’Allarme – La mia battaglia VR”, che ho avuto modo di vedere ad Alghero il 4 dicembre 2022, insieme a mia moglie Mariagrazia Stara. Diretto da Elio Germano e Omar Rashid, lo spettacolo è un monologo potente che sfrutta le capacità immersive della VR per coinvolgere lo spettatore al centro di una riflessione sul consenso, il libero pensiero e la manipolazione delle masse. L’esperienza, intensa e coinvolgente, evidenzia i punti di forza della VR ma anche i suoi limiti: dispositivi specifici e isolamento totale dal contesto reale.
La VR di VirtualItalia e quella attuale condividono la stessa visione di potenzialità inesplorate. Trent’anni dopo l’esperienza pionieristica di VirtualItalia, la VR rimane un settore in evoluzione, ma pur sempre di nicchia, ancora in cerca della sua identità e applicazione di massa. Questo è vero nonostante gli investimenti in VR si siano centuplicati, a dimostrazione di come la tecnologia, sebbene in continuo sviluppo, debba ancora trovare la strada per raggiungere una diffusione ampia e quotidiana.
Forse, la chiave per un’adozione di massa risiede nel percorso che attraversa la realtà aumentata e culmina nella realtà mista. Un approccio più graduale, che combina elementi del mondo reale e virtuale, potrebbe rendere questa tecnologia più accessibile, utile e quotidiana. È una strada che merita di essere esplorata, riflettendo sul modo in cui queste tecnologie possono realmente migliorare le nostre vite.
Come amo spesso ripetere: “Fino a che la chiamiamo tecnologia vuol dire che non funziona”. Quando una tecnologia diventa veramente matura e parte della nostra vita quotidiana, smettiamo di considerarla come tale. La VR diventerà mai una tecnologia matura?